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…”Nico” Ahmed fa un tiro. “Facciamo finta che io sia te, e tu sia me. Immagina di essere nella tua città natale. La tua vita è bella, la tua famigliari sta vicina e tu stai studiando.”
I ciuffi di erba mi solleticano le caviglie tra i pantaloni e le scarpe. Davanti a noi si spande la città vecchia, uno stuolo di tegole e scalini ripidi e bianchi.
“Da bambino senti gli aerei volare in cielo e sganciare bombe da qualche parte. Bombardano lontano, ma che si avvicina ogni giorno.”
Si leva un suono improvvisoe guardo in alto, ma sono solo due piccioni che frullano le ali.
“Un giorno” contiunua “stai tornando da scuola e vedi cadaveri per strada. Sembrano vestiti abbandonati. E nel caos che segue, gruppi criminali iniziano a razziare la città.”
Mentre Ahmed parla i tetti davanti a noi crollano e i gradini spariscono sotto le macerie. L’aria odora di zolfo e i fumi del conflitto oscurano il sole. Non è Baghdad che vedo – come potrei anche solo immaginarla? – ma i ricordi di Ahmed sommergono il presente, e Samos non c’è più.
“Una mattina tuo padre riceve una lettera che dice che l’intera famiglia deve andarsene e lasciare tutto, oppure affrontare la morte. E quindi te ne vai.”
Vedo me stesso tra le macerie con mio fratello per mano, mia madre sul dorso di mio padre, troppo stanca per camminare, per aprire gli occhi. Ci aggiriamo furtivi nella notte, appresso una sola valigia; tutti i nostri averi.
“Vai a vivere con dei parenti in una città vicina.” Gli occhi di Ahmed brillano come monete sul fondo di uno stagno. “Ma lì la situazione è tale e quale. Un giorno la mafia trova tuo fratello minore, gli punta una pistola allo stomaco e spara.”
Sento il rumore dello sparo in lontananza, non so dire da dove arrivi stavolta.
“La settimana dopo viene il turno di tuo zio. E così te ne stai chiuso in casa, blocchi le finestre e le porte sapendo che è una questione di tempo prima che ti trovino e la facciano finita. E invece loro spariscono. Semplicemente, se ne vanno. E tu senti la speranza riaffiorare. Solo che il giorno dopo, attraverso un megafono, senti rimbombare la voce dei barbuti; /siamo ISIL. Abbiamo preso la città. Unitevi a noi, o vi uccidiamo./”
Ho un sussulto quando un prete ortodosso volta l’angolo. Ahmed trema e le lacrime gli rigano il volto.
“Allora i tuoi genitori ti mandano via. Spendono tutti i loro soldi perché tu possa attraversare le montagne e il mare, per raggiungere la sicurezza dell’Europa.”
Ogni parola di Ahmed si dipinge sulle macerie, e queste diventano monti e valli e gole mortali. E poi ancora: i militanti inturbantati nascosti tra le rocce, le capre e i bassi arbusti mutano, e le luci di una grande città turca prendono il loro posto, e appare Hammudi al fianco di Ahmed. Camminano l’uno accanto all’altro. Diversi i Paesi, l’età e il passato – ma la stessa ingiustizia.
“Raggiungi Samos prima degli accordi tra UE e Turchia, riparti dopo tre giorni, arrivi in Germania e ricevi finalmente l’asilo.” Un sorriso spunta tra i singhiozzi. “Ma poi ammazzano tuo padre. Devi tornare a casa, per il funerale e per prenderti cura di tua madre.”
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